Cari fratelli e sorelle, cari amici, l’incontro di questa sera ha due momenti. Il primo, che abbiamo vissuto nella nostra piazza, più politico, con al centro la situazione drammatica di Gaza, ma anche di tante altre città del mondo, che chiede una risposta di condivisione dalla città e dai cittadini. E la risposta è stata politica e che indica in che direzione andare: finire la guerra a Gaza, tutte le 56 guerre, salvare le persone, cercare la pace. Con la guerra tutto è perduto, hanno ripetuto più volte i Papi. In alcuni casi, si tratta di riconoscere e salvare un popolo. Nessuno ha il diritto di uccidere indiscriminatamente le persone, nessuno può uccidere un popolo! La risposta politica chiede anche di far diventare la città luogo di pace, di educazione e costruzione della pace. Nessuno può occupare una città, tanto meno con la violenza delle parole e dei gesti, tutti devono sentire la città luogo di proposta politica. Desideriamo una città aperta al mondo, che riconosca come il peso delle decisioni globali abbiano una ricaduta locale. Una città che si apra ai drammi del mondo: delle guerre e dei rifugiati, dei cambiamenti climatici, della crescita della povertà, delle violenze e della tratta.
Il secondo momento, legato al primo, è quello che viviamo ora, nella nostra Cattedrale, che questa sera respira e grida la pace. E’ un momento in cui, in compagnia del Signore e dei fratelli e delle sorelle, guardiamo a Gaza e ai Paesi in guerra. Abbiamo chiara la consapevolezza del peccato, del male che chiede una conversione, una riconciliazione, affidandoci al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Le parole evangeliche e del Magistero che ascolteremo ci aiutano a respirare con tutta la Chiesa per riconoscere la nostra impotenza di fronte al male del mondo, ma anche la nostra responsabilità di annunciare il Vangelo della pace, che è il Vangelo del Risorto. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,17) sono le parole di Gesù che consegnano a noi come ai discepoli un dono, ma anche un impegno. La pace di Cristo chiede fraternità, libertà e uguaglianza, le parole cristiane condivise dalla modernità, ma che continuamente hanno bisogno di essere fatte proprie dalla città e in essa dalla comunità cristiana, forte di una fede e di una Tradizione della Chiesa ricca di risposte concrete, umane anche oggi. Affidiamo al Signore la nostra debolezza, ma anche la volontà di camminare insieme nella pace e di fare della nostra Chiesa una “casa della pace” – come ci ha chiesto Papa Leone XIV- aiutando la città ad essere essa stessa ‘casa della pace’. Così sia.
S.E. Mons. Gian Carlo Perego
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio