Carissimi,
in queste settimane ho letto sui giornali della possibilità che un gruppo di circa 35 richiedenti asilo sia ospitato in una villa padronale di Ravalle. Ho letto inoltre delle iniziative di alcuni di voi e delle prese di posizione non positive delle forze politiche di tutti gli schieramenti, seppure con alcune distinzioni. Comprendo bene le vostre preoccupazioni, soprattutto oggi che l’accoglienza - con i cambiamenti introdotti dai Decreti Sicurezza - non favorisce la distribuzione delle persone richiedenti asilo in maniera diffusa in tutti i paesi. Se a ciò sommiamo come di fatto vengono usate le risorse, si rischia di ridurre ogni progetto a pura assistenza senza prospettive, e di produrre di fatto un abbandono a se stessi di questi giovani. A questo va aggiunta anche la non costruzione di un percorso di conoscenza necessario per accogliere e la mancanza di opportunità di una frazione con soli 300 abitanti.
Con questa mia lettera desidero prima di tutto condividere le vostre preoccupazioni, ma anche sollecitare la vostra attenzione su alcuni interrogativi e alcune risposte che nascono da un accostamento realistico a questo fatto. Intendo dire che la prospettiva con cui si legge talora, in generale, il ‘piccolo mondo’ dei richiedenti asilo è purtroppo, come ho appena sottolineato, solo assistenziale e porta a considerarlo un peso, un costo, un pericolo. Forse, se da una prospettiva passiva, come un peso da portare, ci si spostasse verso una prospettiva attiva, probabilmente riusciremmo a considerare realisticamente anche altri aspetti di questo mondo che ci arriva in casa, in paese, da altre case, famiglie e paesi. Penso, e non credo di sbagliarmi, che questi 35 giovani, la cui età media è di 20 anni, possano diventare la più grande opportunità che in questi ultimi 20 anni Ravalle ha avuto a disposizione per uno sviluppo e una crescita, per un rinnovamento. Spiego, però, solo in che senso potranno essere una straordinaria opportunità per voi. Anzitutto sono dei giovani. Hanno voglia e speranza di realizzare qualcosa, e da Direttore generale della Fondazione Migrantes ho letto centinaia di loro testimonianze e vi assicuro che hanno voglia di futuro. Possono essere considerati vostri figli, affidati alle vostre cure, ma per questo hanno bisogno non solo di essere accolti, ma anche accompagnati, aiutati a sentirsi parte di una comunità, attivi, impegnati. Lo Stato oggi mette a disposizione della comunità non più 900 ma 600 euro al mese, per ognuno di loro: con queste risorse voi sapete che potete fare molto, anche se non tutto. E qui c’è già un primo aspetto importante: occorre che si costruiscano per loro possibilità di lavori socialmente utili, di servizio civile. Il vostro paese sarà così più pulito, più ordinato, più custodito. Sono giovani che chiedono di imparare la lingua, ma che hanno magari già degli studi fatti: bisogna impegnarli nello studio e nella scuola: il vostro paese avrà più studenti e con 35 studenti si possono fare due classi e riaprire la scuola in paese, prima di lingua e poi, magari in collaborazione con lo IAL Cisl, un corso professionale Regionale. Sono giovani di fede: bisogna aiutarli a pregare, a continuare a credere. Sono giovani che possono avere bisogno di cure: bisogna accompagnarli nella salute. Non consegnate ad altri questi giovani, ma sentiteli una risorsa, un dono di Dio per la comunità e loro daranno il meglio proprio per questa vostra comunità. Chiedetelo con forza alle Istituzioni, chiamate a tutelare il diritto costituzionale dei richiedenti asilo e rifugiati: non solo di essere e dare una casa a questi giovani - attraverso una proprietaria e un’associazione -, ma perché crescano come persone attive, dentro la comunità, e anche dentro la parrocchia. Questo richiede una riorganizzazione di spazi pubblici o un servizio trasporti per la scuola e le cure; chiede progetti di servizio civile da parte del Comune e di alcune associazioni di “Ferrara accoglie”; proposte di lavoro socialmente utili da parte dei servizi sociali e, dopo due mesi, anche la possibilità di un contratto di lavoro - magari agricolo visto la scarsità di lavoratori del settore nel nostro territorio - o con borse lavoro degli artigiani, già messe a disposizione dalla categoria. Come Arcidiocesi, possiamo invitare la Fondazione Braghini-Rossetti a mettere a disposizione anche una loro casa e cortile con tre piccoli appartamenti perché, se ristrutturati da voi e dalle istituzioni, aiutino a rendere meno concentrata l’accoglienza di oggi, e domani essere a disposizione dell’accoglienza di altre persone e giovani coppie o famiglie in difficoltà. Al termine del loro iter giuridico, se avranno diritto di restare in Italia, avrete dei nuovi cittadini di domani e se ritorneranno in patria lascerete loro il ricordo di un paese civile, che li ha trattati come persone, come figli. Tutto questo chiede, però, anche a voi, di non essere solo spettatori e giudici, ma collaboratori attivi dentro un progetto di crescita e sviluppo della vostra comunità. Chiudersi, disinteressarsi, lamentarsi porterebbe solo a morire lentamente. Può valere la pena tentare questo investimento, questo scatto non solo di umanità, ma anche di intelligenza nel valutare cosa può essere utile a tutta la comunità. Tocca a voi prendere la decisione insieme alle autorità politiche chiamate a sostenere il progetto che è l’unico, in questo momento, che può dare futuro e sicurezza. Ho scritto queste poche righe solo per aiutarvi a leggere da una prospettiva diversa questo ‘segno dei tempi’. Se voleste approfondire la questione sono disponibile, anche con la collaborazione della nascente unità pastorale di Vigarano, dei responsabili della Caritas diocesana, della Migrantes diocesana, della pastorale sociale e del lavoro, della pastorale giovanile della Arcidiocesi.
Ho sentito il dovere di scrivervi, da Pastore di questa Chiesa. Rimanere in silenzio nel giorno in cui il Vangelo ci ripropone le Beatitudini sarebbe stato un gesto ipocrita. Un cordiale saluto.
Ferrara, Solennità di tutti i Santi, 1.11. 2019
+ Gian Carlo Perego, Arcivescovo